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I traumi dell’età evolutiva e le strategie di sopravvivenza nell'età adulta - di Luciano Silva

L’influenza del trauma precoce sull’autoregolazione, l’immagine di sé e le nostre relazioni. Introduzione al modello NARM (Neuro Affective Relational Model™).

02/07/2018

 

 

Non c’è presente o futuro,

solo il passato che continua a ripetersi.

Eugene O’Neill

 

L’esperienza di essere connessi e sintonizzati con la madre (o col caregiver), a partire dal concepimento in poi, diventa essenziale per lo sviluppo di un attaccamento sicuro e della nostra capacità di autoregolazione a fronte di esperienze sopraffacenti che ci troviamo a dover affrontare nell’età adulta. Alcuni studi confermano inoltre che alcuni traumi da shock oppure tensioni familiari o situazioni difficili come un lutto o altri avvenimenti vissuti dalla madre durante la gravidanza, si riflettono immediatamente sul feto dal momento che il sistema nervoso del bambino non è ancora del tutto sviluppato ed è sintonizzato totalmente con quello della madre.

Gli studi effettuati sulla nostra vita prenatale e perinatale, le cui radici del lavoro affondano nella ricerca pioneristica di D. Winnicott, F. Mott, J. Bowlby e F. Lake i quali, già nella prima metà dello scorso secolo, avevano riconosciuto come il periodo precedente la nascita e quello immediatamente successivo fossero importanti per uno sviluppo equilibrato dell’individuo. A partire dagli anni ’70 in poi, terapeuti e ricercatori quali W. Emerson, F. Sills e R. Castellino hanno approfondito e ampliato il lavoro nella ricerca dei traumi e delle impronte subiti in fase prenatale e perinatale la cui importanza è condivisa e sostenuta anche da valenti studiosi come D. Siegel, D. Stern, D. Chamberlain e A. Piontelli. Ed è soprattutto alle intuizioni e alle rivelazioni di Emerson, Sills e Castellino che si è dimostrato quanto eventi traumatici o sopraffacenti vissuti dalla madre durante il concepimento, la gravidanza e ovviamente il parto possano trasmettersi al feto e lasciare delle impronte nello sviluppo del sistema nervoso del futuro neonato.

Da quanto emerge inoltre nel lavoro sistemico con le costellazioni familiari e sulle dinamiche genealogiche, sappiamo quanto possano influire sui nostri condizionamenti futuri anche traumi transgenerazionali che vengono trasmessi perlopiù inconsciamente da una generazione alla successiva, come tentativo estremo dell’anima familiare di far “riparare” o far espirare alle generazioni future ciò che è stato lasciato in sospeso dalle generazioni precedenti.

Dalla nascita in poi, il bambino esprime biologicamente dei bisogni il cui soddisfacimento totale o parziale da parte del caregiver (solitamente la madre) condiziona la capacità di connessione e autoregolazione del sistema nervoso del bambino, esperienze fondamentali e fondanti per la nostra capacità di autoregolazione e resilienza nell’età adulta quando ci troviamo a dover affrontare situazioni sopraffacenti per il nostro sistema nervoso (lutti, abbandoni, abusi, incidenti, ecc..).

Il modello NARM (Neuro Affective Relational Model™) sviluppato dal dr. Laurence Heller PhD, affronta quanto vengono soddisfatti i bisogni primari nel bambino, essenziali per il nostro benessere fisico ed emotivo, e quanto la non completa o totale soddisfazione di tali bisogni porta a  sviluppare “stili di sopravvivenza” che ci portiamo nell’età adulta che ci permettono certo di sopravvivere (allora) ma a discapito (oggi) della nostra capacità di connessione con noi stessi, con gli altri, e con la nostra forza vitale. La nostra capacità di connessione con il nostro corpo e con le nostre emozioni è strettamente correlata con la nostra capacità di connessione e sintonizzazione interpersonale, e dunque va ad influire la relazione con noi stessi e con  gli altri.

NARM integra nella terapia sia le moderne tecniche di Somatic Experiencing™ di Peter Levine, approccio rivolto alla soluzione di traumi da shock come il radicamento, l’orientamento, la titolazione, la pendolazione, la scarica, sia l’analisi dello stile di sopravvivenza adattativo che una persona ha adottato a seguito di traumi subiti nell’età evolutiva e traumi relazionali apportando le opportune strategie risolutive.

 

I cinque bisogni fondamentali a base biologica

NARM riconosce cinque bisogni fondamentali a base biologica il cui soddisfacimento risulta essere essenziale per il nostro benessere fisico ed emotivo: il bisogno di connessione, sintonizzazione, fiducia, autonomia e amore-sessualità. Quando uno (o più) di questi bisogni non viene soddisfatto o soddisfatto parzialmente la nostra capacità di autoregolazione, il nostro senso di sé e l’autostima ne risultano compromessi.

Ad esempio, se in fase della nascita per un evento traumatico viene a mancare il primo contatto con la madre (bonding) oppure anche nei primi mesi di vita la madre è assente (fisicamente, emotivamente o non accessibile) i bambini non ricevono la connessione di cui hanno bisogno, e dunque quando crescono continuano a cercarla e al tempo stesso a temerla.

Quando i loro bisogni non vengono soddisfatti non imparano a riconoscerli e dunque non li sapranno esprimere in futuro o sentono di non meritare che vengano soddisfatti.

Questa mancata connessione ne determina anche un potenziale sviluppo di un attaccamento non sicuro nell’età adulta, di tipo evitante ad esempio, basato sull’idea ormai installata nel sistema nervoso e data per certa poi come credenza, che “la fuori nessuno mi capisce o mi ascolta”, “tanto vale che me la sbrigo da solo ed è inutile che chiedo aiuto e supporto nel momento del bisogno, tanto non c’è nessuno disposto ad aiutarmi”. Questo insicurezza nell’attaccamento porta anche alla incapacità di essere in contatto col proprio corpo e con le proprie emozioni (e dunque a far fatica a comprendere le emozioni degli altri), e di essere in connessione con gli altri e il mondo esterno.

 

A seconda di quanto vengono soddisfatti o non soddisfatti i bisogni fondamentali, vengono attuati degli stili di sopravvivenza adattativi per far fronte alla disconnessione, alla disregolazione e all’isolamento che il bambino nell’età evolutiva vive e tali strategie adattative ce le portiamo facilmente nell’età adulta condizionando il modo in cui ci sentiamo in relazione con noi stessi e con gli altri. Quando un bambino vede interrompersi il ciclo di bisogno-soddisfazione in relazione al caregiver , ne risulta disturbato e il fallimento derivato dall’ambiente esterno scatena tensioni e irrigidimenti muscolari nonché attivazioni nel sistema nervoso la cui intensità è troppo forte per essere gestita dal sistema nervoso ancora in via di sviluppo e questo può già gettare le basi per una esperienza traumatica che potrà produrre sintomi o malattie in futuro. I bambini interiorizzano la non adeguata risposta dell’ambiente esterno pensando che c’è qualcosa di sbagliato nei loro bisogni e nell’esprimerli. Di conseguenza interiorizzano i fallimenti prendendoli come fallimenti personali provando a vari gradi sentimenti di vergogna, sensi di colpa, rabbia sino al collasso fisiologico.

Se un bisogno resta costantemente insoddisfatto, il bambino stabilizza la conseguente disregolazione del sistema nervoso producendo in età adulta una distorsione della identità di sè e del rapporto con gli altri. Per sopravvivere, il bambino dunque adotta da subito uno “stile di sopravvivenza adattativo” in base al bisogno non soddisfatto. Gli stili di sopravvivenza sono il risultato degli adattamenti dei bambini alla mancanza cronica di soddisfazione di uno o più dei cinque bisogni biologici primari.

Ciascuno degli stili di sopravvivenza, introdotti di seguito, ha alla base identificazioni basati sulla vergogna che si sviluppano per dare un senso al fallimento ambientale precoce. Queste identificazioni basate sulla vergogna producono in reazione anche contro identificazioni basate sull’orgoglio come tentativo inconscio di trasformarle in virtù. Quest’ultime, liquidate spesso come meccanismi di difesa, resistenza o diniego, hanno solo la funzione di nascondere o proteggere la vergogna soggiacente. In realtà, entrambe queste identificazioni sono illusorie.

Ad esempio, nello stile sopravvivenza fiducia, che riguarda individui che hanno subito abusi o manipolazioni in età precoce o nell’adolescenza, l’imparare a fidarsi è la risorsa base che viene compromessa.  Le identificazioni basate sulla vergogna portano a sentirsi indifesi, sfruttati, traditi o impotenti, senza controllo, e per compensare e non sentire questa mancanza di controllo le contro identificazioni basate sull’orgoglio li portano ad esercitare il controllo e il potere sugli altri diventando evasivi, sfuggenti, bugiardi o ingannatori. Faranno qualsiasi cosa per conservare un senso di controllo e recuperare un sentimento di dominio esercitandolo su sé stessi (ad esempio, evitando di entrare in spazi di vulnerabilità emotiva, al punto da arrivare ad una sorta di anestesia e perdita di contatto col corpo e le emozioni) e sugli altri come forma di protezione al proprio senso di vulnerabilità e di impotenza. Le strategie nella loro lotta per l’esercizio del potere può portare a sottotipi seduttivi, ovvero coloro che agiscono “come se”, come se importasse loro degli altri, “come se” li amassero, “come se” ci fossero per loro, ma con il solo scopo di manipolare e manovrare gli altri perché sottostiano alla loro volontà e controllo. In alternativa, sviluppano caratteristiche dominanti “prendendosi la rivincita” da adulti rispetto al loro passato di bambini piccoli, vulnerabili e dipendenti. E’ in questi casi che coloro che reagiscono alla manipolazione e all’abuso subiti decidono di assumere loro il controllo diventando a loro volta manipolatori o autori di un abuso. Molte di queste messe in atto possono avvenire sia coscientemente che a livello inconscio.

Vediamo ora i cinque bisogni fondamentali, quali capacità verrebbero sviluppate se fossero adeguatamente soddisfatti e le strategie di sopravvivenza adottate in caso di non soddisfacimento totale o parziale di ciascun bisogno.

 

Bisogno e strategia di sopravvivenza “Connessione”

Significa sviluppare la capacità di essere in contatto con il proprio corpo e le proprie emozioni, e di essere in connessione con gli altri. Se la connessione non viene soddisfatta avviene di conseguenza una sconnessione dal sé fisico ed emotivo con difficoltà a relazionarsi con gli altri. L’incapacità di restare in contatto con le proprie emozioni può determinare anche l’incapacità di comprendere e rispondere adeguatamente alle emozioni dell’altro (poca o scarsa empatia).

Le identificazioni basate sulla vergogna per questo stile di sopravvivenza portano a sentirsi di peso, vergognoso di esistere, di non avere un posto al mondo, di non appartenere. Sentirsi sempre sconnesso dal mondo e dagli altri, sensazione di “non appartenere a questo mondo”, “cosa ci faccio qui?”, “vengo da un altro pianeta”. La frase che risulta difficile dire per loro è: “Ho diritto di esistere in questo mondo”.

Le contro identificazioni basate sull’orgoglio, che ricordo vengono attuate per mascherare le identificazioni basate sulla vergogna, portano a sentirsi orgoglioso di essere solitario, di non aver bisogno degli altri, di non essere emotivo.

Queste persone si trovano intrappolate tra il dilemma di sentire profondamente il proprio stato di isolamento dal mondo e dagli altri, soffrendone, ma per nascondere questo dolore sviluppano una strategia di difesa basata sul valorizzare l’indipendenza estrema e la totale autonomia (che è in realtà illusoria, tutti dipendiamo da tutto). Nella relazione, facilmente si produce un attaccamento evitante, tutta l’attenzione è focalizzata su sé stessi (e non sull’altro) e sui propri bisogni, prevale una angoscia per il futuro e le risorse vengono perlopiù investite su sostenere la propria autonomia e indipendenza e poco o nulla sulle relazioni con l’altro (ritenute inutili o accessorie).

Le persone che si presentano in terapia con questo tipo di modalità di sopravvivenza sono generalmente sconnesse dal corpo e dalle sensazioni corporee, stati di congelamento più o meno distribuito (soprattutto se la sconnessione è stata causata o aggravata da eventi traumatici), sensazione di non essere visti dagli altri, di faticare per essere visti e riconosciuti dagli altri, quando in realtà loro stessi si sono isolati dal mondo e dagli altri a causa della loro sconnessione.

 

Bisogno e strategia di sopravvivenza “Sintonizzazione”

La sintonizzazione riguarda la capacità di sintonizzarsi con i propri bisogni e le proprie emozioni, ma anche di riconoscere, cercare e ricevere nutrimento fisico ed emotivo. Molti di questi individui diventano terapeuti, assistenti sociali o persone che si dedicano agli altri in quanto hanno imparato a cavarsela sintonizzandosi sui bisogni altrui e trascurando i propri. Sono i benefattori del mondo, quelli che offrono una spalla su cui piangere, che cercano di salvare il mondo o le persone bisognose. Si tratta in realtà di un modo indiretto per ottenere la soddisfazione dei propri bisogni di dipendenza. Questo stile di sopravvivenza nasce nei primi due mesi di vita quando l’organismo del bambino è dipendente dalle cure materne ed apprende ad autoregolarsi in relazione alla mamma.

L’attenzione è dunque soprattutto sui bisogni dell’altro e generalmente sull’altro. Facilmente in età adulta, nelle relazioni intime o nell’attaccamento, si può sviluppare un attaccamento insicuro di tipo ansiogeno o ambivalente, la persona è totalmente focalizzata sull’altro e non sui propri bisogni che disconosce o fatica ad esprimerli. La frase che fanno fatica a dire e che provoca vergogna è: “Ho bisogno”. Le identificazioni basate sulla vergogna portano a sentirsi bisognosi, irrealizzati, vuoti o immeritevoli e la compensazione basata sull’orgoglio porta a prendersi cura degli altri, rendersi indispensabili e necessari, essere orgogliosi di non avere bisogni (anche in tal caso è un far finta di non avere bisogni o di non sentirli).

 

Bisogno e strategia di sopravvivenza “Fiducia

Gli individui con lo stile di sopravvivenza Fiducia sono coloro che nell’infanzia o adolescenza provengono da famiglie nelle quali hanno subito abusi o manipolazioni da parte dei genitori o altre figure familiari o vicine. Essendo stati manipolati e abusati, questi individui associano la dipendenza all’essere usati, il fidarsi e dipendere dagli altri viene associato all’essere usati e traditi. Da adulti, si aspettano il tradimento e spesso tradiranno per primi.

Per compensare i sentimenti di impotenza e mancanza di controllo subiti durante l’infanzia, queste persone cercheranno di sviluppare un controllo estremo su sé stessi e sugli altri, soprattutto a livello mentale (l’attenzione e l’energia è spostata verso l’alto come forma di autodifesa dallo spazio del cuore ove permane il doloroso ricordo del tradimento e dell’abuso subito o dagli organi sessuali dove ristagna un sentimento di vergogna).

La strategia di sopravvivenza li porta a precludersi la strada verso un rapporto di fiducia con il prossimo, o con il partner, e di una sana interdipendenza. Cosi come da bambini sono stati costretti a rinunciare alla propria autenticità per soddisfare i bisogni dei genitori o dei confidenti, da adulti usano le stesse armi della seduzione e del controllo sugli altri diventando esperti nel presentare una falsa immagine di sé, solitamente molto preoccupati della propria immagine (finché nessuno sa cosa avviene realmente dentro si sentono al sicuro).

Le loro principali paure sono quelle di perdere il controllo e del fallimento, e dunque anche la terapia o il rapporto intimo di coppia, che comportano entrambi il dover necessariamente accedere al proprio spazio di vulnerabilità mostrandolo all’altro,  diventano problematici in quanto presuppongono un lasciarsi andare, un cedere un po’ del proprio controllo di sé all’altro e questo li terrorizza.

Quando il controllo viene minacciato (sia nel rapporto terapeutico o nel rapporto di coppia) facilmente ricorrono a comportamenti estremi, rompendo la relazione senza motivo oppure ricorrendo pur di non affrontare il vuoto che sentono dentro, all’uso di sostanze stupefacenti, alcol, cibo o sesso. La frase che fanno fatica a pronunciare è: “Ho bisogno del tuo aiuto”.

Nell’età adulta, gli individui di questo stile di sopravvivenza non si permettono di essere emotivamente vicini a nessuno poiché la vicinanza risveglia sentimenti di dipendenza e scatena la paura di essere controllati, come è stato per loro nell’infanzia o adolescenza. Nella relazione di coppia, possono restarci finché sentono di avere il controllo e di poter dominare il partner, altrimenti scappano. Gli individui che attuano questo stile di sopravvivenza possono sviluppare nelle relazioni adulte tendenze  sociopatiche con tratti narcisisti o borderline. Una domanda risolutiva paradossale che può essere di aiuto per loro rispondere è: “Che cosa c’è di giusto nel non dipendere dagli altri?”.

Nell’attaccamento, facilmente sviluppano uno stile disorganizzato in età adulta sentendosi un fallimento nei rapporti per via di reazioni esagerate e dissociative (a causa dei traumi subiti in passato), confusione interiore riguardo alla sicurezza di un rapporto. Spesso si ritrovano bloccai in schemi di avvicinamento/allontanamento, caos interiore (confusione sui sentimenti provati e sulle emozioni), paura di impazzire, sensazioni di disorientamento e frammentazione (si potrebbe ipotizzare un anima frammentata o perduta). I sintomi che si sviluppano facilmente sono emotività piatta (con conseguente mancanza di empatia verso l’altro), descrizione del passato usando il presente nei verbi, distacco, intorpidimento fisico ed emotivo, sensazioni di sentirsi esiliati nel proprio corpo (con probabile reazione verso azioni distruttive auto-inflitte, per sentirlo di nuovo possono ricorrere a mutilazioni, impulsi a ferirsi o in forma superficiale eccedere con tatuaggi o piercing).

 

Bisogno e strategia di sopravvivenza “Autonomia”

I bambini sviluppano la propria capacità di indipendenza e autonomia dai diciotto mesi ai due anni. E’ in questa fase che i bambini vogliono imparare a fare le cose da sé e i genitori si sentono molte volte in risposta frasi come “No, lo faccio io!”. Genitori sintonizzati supportano questa fase facendo fare al piccolo la sua esplorazione del mondo in autonomia e indipendenza, genitori ansiogeni (a causa di proprie paure irrisolte) credendo di proteggerli tendono a sovrapporsi impedendo al bambino di fare una propria esperienza impendendogli una appropriata transizione verso l’autonomia.

I bambini si trovano dunque di fronte al dilemma se scegliere se stessi o i genitori, dilemma che si interiorizza nell’età adulta attraverso sensazioni di paralisi e di ambivalenza nei rapporti interpersonali. Questi individui con lo  stile sopravvivenza autonomia, anelano alla vicinanza ma la associano alla perdita di autonomia e indipendenza, e facilmente giocano perciò il ruolo della “brava ragazza” o del “bravo ragazzo”.  Nelle relazioni personali solitamente hanno strategie di fuga che permettono a loro di uscire dalle relazioni evitando lo scontro, si ritirano senza spiegazioni o rendono infelice il partner in modo che sia questo a rifiutarli. Tale rifiuto da parte del partner permette a loro di ottenere la libertà senza il senso di colpa che proverebbero dicendo “No”, e al tempo stesso di avere il vantaggio secondario di essere la parte innocente ferita.

Le identificazioni basate sulla vergogna portano a rabbia, ribellione (anche rispetto l’autorità), godere del deludere le aspettative altrui su di sé, sentirsi sopraffatti o sovraccaricati di impegni e doveri. Per compensare, le contro identificazioni basate sull’orgoglio li portano ad essere simpatici (o a fare i simpatici), dolci, compiacenti, brava ragazza (o bravo ragazzo) con paura di deludere gli altri, orgoglio a farsi carico di impegni e doveri dicendo a sé stessi: “Io ce la faccio”.

 

Bisogno e strategia di sopravvivenza “Amore e sessualità”

Questi individui hanno avuto solitamente esperienze di rifiuto o ferite durante il periodo del risveglio della sessualità. Ci sono due periodi nello sviluppo dello stile sopravvivenza Amore-Sessualità: dai quattro ai sei anni e all’insorgere della pubertà, tra i dodici e i quindici anni.

Il risveglio sessuale dell’adolescente può essere stato incoraggiato e supportato oppure negato, ignorato o addirittura disprezzato. Molto agisce in tal caso il contesto culturale e religioso familiare che porta con sé giudizi o tabù nei confronti della sessualità e dell’erotismo. In questa fase, molto dipende dal rapporto con il genitore di sesso opposto, ovvero da come i padri delle ragazze in età puberale affrontano i cambiamenti corporei delle figlie o le madri reagiscono alle polluzioni notturne dei maschi, alla masturbazione e al loro crescente interesse verso il sesso femminile.

Questa mancata sintonia rispetto ad amore e sessualità, porta a scindere i due aspetti producendo un sottotipo “romantico”, che hanno una visione romantica dell’amore e del matrimonio ma spesso sconnessi dalla propria sessualità, e il sottotipo sessuale che fa di tutto per rendersi desiderabile, tramite la seduzione vanno in cerca di partner attraenti che usano per rafforzare la propria autostima e misurano la propria soddisfazione sessuale dalla frequenza piuttosto che dalla profondità delle proprie esperienze.

Nelle relazioni intime, hanno una paura tremenda della vulnerabilità, possono essere consapevoli dei sentimenti intensi di affetto per il partner ma fanno fatica a rivelarli e a manifestarli. Quando si sentono feriti, il loro rigido orgoglio li porta ad attendere che sia il partner a iniziare la riconciliazione.

Gli individui che hanno questo stile di sopravvivenza hanno ricevuto intense ferite e rifiuti da piccoli (spesso tale stile si può sovrapporre a quello Fiducia in caso di abuso e manipolazioni), e pertanto da piccoli hanno preso la decisione inconscia “Non permetterò mai più a nessuno di farmi cosi male” e questi li porta a rifiutare gli altri prima che gli altri possano rifiutare loro.

Le identificazioni basate sulla vergogna li fanno sentire feriti, rifiutati, sbagliati, non amati o non amabili. Le contro identificazioni basate sull’orgoglio li portano a rifiutare l’altro per primo, basare la propria autostima sull’apparenza e sull’immagine (con attenzione all’abbigliamento, all’estetica, alla forma fisica, ecc..), apparire sempre perfetti e impeccabili.

Nei rapporti intimi hanno paura dell’intimità e tendono ad evitarla, spesso hanno la sensazione di non essere capaci di amare. Se la vergogna viene rinforzata da un tabù di tipo culturale o religioso ereditato in tema di sessualità, ci può essere un rifiuto dello sperma (sia nel produrlo durante l’orgasmo sia di riceverlo dal partner) e se è l’intero corpo ad essere “peccaminoso” tale rifiuto si può estendere ai vari umori corporei (es. sudore, sangue, saliva).

 La scissione tra amore e sessualità li può portare o a idealizzare il rapporto romantico e platonico (che al limite non prevede il rapporto sessuale) oppure al contrario dare importanza alle prestazioni sessuali (anche se in tali tipi il sesso si rivela spesso meccanico e sconnesso) rispetto alla connessione di cuore.

 

Conclusione

Un efficace percorso terapeutico non può prescindere dall’affrontare, assieme al trauma da shock, quelli relativi allo sviluppo e relazionali. L’approccio NARM si distingue da altre forme di terapie psicodinamiche nell’aiutare le persone a diventare consapevoli di aver organizzato la propria vita e le proprie relazioni seguendo uno stile di sopravvivenza che se era funzionale al momento del trauma, ora in età adulta diventa del tutto disfunzionale proprio a discapito dell’energia vitale e dell’equilibrio delle proprie relazioni.

I nostri stili di sopravvivenza possono essersi riflessi nel corpo con schemi di tensione o di debolezza, la costrizione muscolare, la tensione o all’opposto il collasso sono meccanismi fisici derivati dagli stili di sopravvivenza e alla reazione del sistema nervoso ad eventi sopraffacenti.

Seguire il felt sense con tecniche di Somatic Experiencing andando alla radice dei traumi vissuti in passato ma agendo sempre nel qui e ora, permette di rompere questi schemi che residuano nel sistema nervoso e di ripristinare una propria capacità di autoregolazione. Nello stesso tempo, portare al cliente la consapevolezza di quale modalità di sopravvivenza ha adottato in funzione del bisogno o dei bisogni non soddisfatti portano ad integrare nella terapia corrette strategie di evoluzione per aiutare gli individui ad uscire dalla quella modalità di “sopravvivenza” e ritornare ad avere pieno accesso alla forza e all’energia vitale compromessa, per un maggiore benessere di sé stessi e delle proprie relazioni.

 

 

Note sull'autore

Luciano Silva 
Somatic Experiencing™ Practitioner, Integral Somatic Psycology™, Shamanic Counselor, Tensegrity™ facilitator.

BIO completa.

 

Bibliografia per approfondire il tema

  • Laurence Heller, Alice La Pierre. Guarire i traumi dell’età evolutiva – L’influenza del trauma precoce sull’autoregolazione, l’immagine di sé e la capacità di relazione, Astrolabio 2018
  • Peter A. Levine, Somatic Experiencing – Esperienze somatiche nella risoluzione del trauma, Astrolabio 2010
  • Peter A.Levine, Trauma e Memoria – Una guida pratica per capire e elaborare i ricordi traumatici, Astrolabio 2018
  • Peter A.Levine, Traumi e shock emotivi – Come uscire dall’incubo di violenze, incidenti e esperienze angosciose, Macro Edizioni 2002
  • Diane e Laurence Heller, Traumi da incidenti, Macro Edizioni 2007
  • Bessel A van der Kolk, Alexander C.McFarlane, Lars Weisaeth, Stress trumatico – Gli effetti sulla mente, sul corpo e sulla società delle esperienze intollerabili, Edizione Magi 2013
  • Damasio, Emozione e coscienza, Adelphi 2000
  • Damasio, Alla ricerca di Spinoza, Adelphi 2003
  • Le Doux, J, Il cervello emotivo – Alle origini delle emozioni, Baldini Castoldi Dalai, 2003
  • Lowen, Bioenergetica, Feltrinelli, 1988
  • Montague, Il linguaggio della pelle, Bompiani 2000
  • Ogden T.H, Il limite primigenio dell’esperienza, Astrolabio 1992
  • Porges S.W. La teoria polivagale, Fioriti 2014
  • Reich, La funzione dell’orgasmo, Pratiche, 2000
  • Schore, La regolazione degli affetti e la riparazione del Sé, Astrolabio 2003
  • Winnicott, Il bambino, la famiglia e il mondo esterno, Magi Edizioni 2005
  • Bowlby.J. Una base sicura. Applicazioni cliniche della teoria dell’attaccamento, Cortina, 1989
  • David J Wallin, Psicoterapia e teoria dell’attaccamento, Il Mulino 2009

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