L’amore per la saggezza - Esempi di vita ed esercizi spirituali dei filosofi dell’antica Grecia - Parte 3: Licurgo - di Luciano Silva
Licurgo - La grandezza di Sparta
30/06/2022
Questo contributo, riveduto e corretto, è stato estratto da un libro che scrissi nel 1995 sugli esercizi spirituali degli antichi filosofi greci dal titolo “L’amore per la saggezza – Esempi di vita nella Grecia antica” dedicato ai principali filosofi dell’antica Grecia e alla loro spiritualità. Il libro non fu mai dato alle stampe nella sua versione completa ma alcuni estratti furono pubblicati in Italia negli anni 1996 e 1997 dalla rivista di studi tradizionali “Mos Maiorum”. Tutti i diritti sono riservati. Luciano Silva.
“Coloro che, nel senso esatto del termine, filosofano,
si esercitano a morire”.
(Platone)
Di questo straordinario e leggendario personaggio non sappiamo nulla di storicamente certo neanche che sia esistito veramente (una sua collocazione storica pare la si possa porre tra il VI e il VII secolo A.C. ). Anche dal suo nome, sul cui significato ci sono diverse ipotesi tra le quali alcune sostengono che Licurgo derivi da λυχ (luce) + εpyov (opera) = ''facitore di luce" (epiteto cultuale simile a quello attribuito a Zeus e Apollo) oppure λύκος (Lupus) + όργιο (misteri, orgia)= "colui che fa il lupo" o che celebra le orge del lupo, maschera rituale utilizzata nelle cerimonie di iniziazione dei giovani spartani, siamo probabilmente in presenza di un personaggio mitico. Licurgo pensava che, nella vita della città come del singolo, la felicità consista nella concordia interiore. Tutte le sue disposizioni ed ordinamenti miravano proprio a rendere i cittadini liberi ed equilibrati. Amante della pace, istituì la tregua che doveva essere osservata durante i giochi olimpici ed assicurò una tale stabilità ed onorificenza a questa festa che i discoboli ancora molti secoli dopo mantennero inciso il suo nome sul loro disco.
Nato in un periodo in cui Sparta era sconvolta da illegalità e disordini, vide il proprio padre allora regnante ucciso da un colpo di scure da macellaio. Regnò al suo posto per circa otto mesi ma la tensione politica del momento e la sua inesperienza lo portarono a lasciare Sparta e viaggiare per il mondo. Ovunque andasse ( fu a Creta, in Libia, in lberia (nome dato dagli antichi Greci e Romani all'antico regno georgiano di Cartalia nel IV secolo a.C.-V secolo, corrispondente all'incirca alle parti orientali e meridionali dell'odierna Georgia), in Egitto e pare anche in India alla ricerca dei maestri di quel paese ) cercava sempre qualche saggio col quale legare amicizia. Tornato in patria pensò che si dovesse iniziare un regime di vita tutto nuovo, agendo, come dice Plutarco, “.... come fa il medico con un corpo corrotto e affetto da malattia d'ogni genere dopo aver dissolto e modificato con medicine e purganti la sua condizione attuale”. Prima di riporsi alla guida della città consultò l'oracolo a Delfi e da questo ne ricevette il mandato (la Pizia lo chiamò "caro agli dèi" e "dio più che uomo"). Considerò poi sempre la sua opera come fosse ispirata dalla divinità ritenendo talvolta che fosse da essa guidata in modo diretto. Con un gruppo ristretto di seguaci prese la direzione della città ed iniziò la sua opera di riforma in senso " filosofico".
Istituì anzitutto il Consiglio degli Anziani che assicurò equilibrio ed insieme salvezza allo stato in un governo oscillante tra la tirannide dei re e la democrazia del popolo. Le decisioni venivano prese all'aperto, all'incrocio tra due fiumi invece che all' interno degli edifici o di lussuose sale in quanto Licurgo pensava che non servissero affatto a deliberare bene ma che fossero dannose in quanto rendevano le menti dei convenuti frivole e gonfie di vana presunzione quando nella assemblea si voltavano a guardare statue e quadri o soffitti sontuosamente decorati.
A Sparta c'era una profonda diseguaglianza tra pochi detentori della ricchezza e molti nullatenenti e poveri. Licurgo per bandire la sopraffazione, l'invidia, la criminalità, il lusso, persuase i cittadini a mettere in comune la terra e a ridistribuirla da capo dividendola in lotti di pari reddito spostando così la ricerca della supremazia nella virtù pensando che la diseguaglianza tra gli uomini sia determinata dal biasimo delle azioni turpi e dalla lode di quelle nobili piuttosto dall'accumulo o meno di denaro e di beni. Passò poi a spartire i beni mobili, ma, essendosi fatta dura la opposizione dei più ricchi, raggirò l'ostacolo dichiarando fuori corso ogni moneta d'oro e d'argento sostituendole con una moneta di ferro di bassissimo valore di acquisto tanto che serviva un carro per trasportare il denaro necessario all'acquisto di un bene. Inoltre, la moneta di ferro non era trasferibile agli altri greci e quindi non era neanche possibile comprare prodotti stranieri nemmeno a poco prezzo. Ciò allontanò sfruttatori, fabbricanti di monili d'oro e d'argento, usurai e prostitute. Il lusso fu così relegato all'interno delle mura domestiche, la sua ostentazione non aveva più alcun significato. Distolte le opere inutili, gli artigiani mostrarono la loro abilità negli oggetti necessari. Con l'intento di eliminare ancor più a fondo il lusso e il desiderio di ricchezza, Licurgo istituì mense comuni dove i cittadini dovevano recarsi per mangiare assieme gli stessi cibi e vivande non potendo pranzare a casa propria sdraiati su coperte sfarzose davanti a ricche mense, facendosi ingrassare nell'ombra come fossero bestie voraci, dalle mani di servi e di cuochi. Ciò evitava, disse lui, che tali pranzi richiedessero le cure di un parto in fase digestiva con conseguente degrado del corpo e del carattere. Fu la riforma più dura. I ricchi scesero in piazza furiosi tanto che un giovane, Aleandro, di animo impetuoso, lo inseguì e quando Licurgo si girò lo colpì con un bastone tanto da cavargli un occhio. Senza cedere per nulla al dolore, Licurgo si fermò di fronte agli inseguitori che intanto arrivavano, col viso sfigurato ed insanguinato. Presi dal rimorso e dalla umiliazione i rivoltosi gli consegnarono Aleandro e poi si ritirarono. Da allora gli spartani decisero di non andare più alle assemblee con il bastone.
Tale episodio suggerisce anch’esso la natura eroico-divina di Licurgo essendo la monoftalmia una caratteristica propria di numerosi dèi ed eroi, come ad esempio Odino o Orazio Coclite, dotati di saggezza e chiaroveggenza, si chiude un occhio sul mondo ordinario aprirne un altro nel mondo dello spirito. Licurgo portò il giovane che lo aveva aggredito a casa sua e per concedergli la possibilità di risarcire il danno arrecato si fece servire da lui. Aleandro eseguiva gli ordini in silenzio e si affezionò a Licurgo tanto da poterlo definire "l'uomo più mite e dolce che ci sia". Questa fu la punizione di Aleandro e la sua espiazione: da uomo collerico e prepotente diventò equilibratissimo e assennatissimo.
Le leggi devono essere scolpite nell'uomo dalla fatica e dal sudore
Licurgo in genere non diede mai leggi scritte perché pensava che le norme più efficaci fossero quelle scolpite all'interno dell'uomo dalla fatica e col sudore attraverso l'impegno quotidiano di osservare una via retta e giusta. Un'altra prescrizione contro il lusso fu quella di limitare l'utilizzo dell'ascia e della sega per la costruzione delle case. Si racconta che Leotichide il Vecchio, invitato a pranzo in una casa a Corinto, osservata la struttura sfarzosa ed a cassettoni del soffitto della casa domandò al suo ospite se presso di loro gli alberi nascevano quadrangolari. Anche alla vita famigliare apportò delle modifiche. Le fanciulle, diceva, dovevano esercitare i loro corpi come gli uomini per far sì che crescendo meglio potessero poi sopportare più dignitosamente le doglie del parto. Consigliava a tutti il matrimonio, non però troppo giovani, ma quando le donne sono già floride e “stagionate” ed invitava ad esercitare anche durante il matrimonio il dominio di sé stessi e la continenza. Gli accoppiamenti erano finalizzati alla nascita di cittadini valorosi. I figli non erano un bene privato dei padri ma un bene comune della città e implicava che i cittadini fossero generati dai migliori e non da chiunque. Racconta Plutarco: “..scorgeva una grande stoltezza e una grande vanità nelle leggi matrimoniali degli altri paesi: accoppiano cagne e cavalle con gli stalloni più vigorosi, ottenendone il consenso dei padroni per favore o dietro compenso, e poi sorvegliano sotto chiavi le proprie mogli, perché ritengono giusto che generino figli solo da loro, anche se sono pazzi o anziani o tarati da malattia; come se i figli che nascono da genitori minorati non nascessero minorati innanzitutto per chi li ha e li alleva ed al contrario eccellenti, se nascono da padri simili”. Una visione eugenetica ante litteram, anche se gli studiosi contemporanei ritengono che Plutarco abbia esagerato con queste affermazioni e che l'esposizione dei neonati fosse tollerata, ma non istituzionalizzata. Gli storici, tuttavia, concordano sul fatto che gli spartani praticassero una qualche forma di selezione, anche se forse l'eliminazione non era fisica; gli spartani troppo deboli o vili sarebbero stati relegati al ruolo di iloti o perieci. Anche le nutrici spartane dimostrano abilità e cura allevando i neonati senza fasce, li rendevano liberi nelle membra e nelle forme e li abituavano a mangiare di tutto per non crescere schifiltosi, li lasciavano spesso nell’oscurità e da soli per far crescere in loro il coraggio di affrontare l'oscurità e la solitudine. Alcuni stranieri iniziarono a richiedere balie spartane per i propri figli. Alla età di 7 anni i fanciulli venivano educati a crescere insieme ed in comune, educati alla lotta sotto l'occhio vigile degli anziani. A 12 anni vivevano senza tunica, con lo stesso mantello per tutto l'anno, con i corpi sporchi e secchi, ignari di bagni ed unguenti tranne pochi giorni dell'anno in cui conoscevano questi piaceri.
Licurgo fu conciso e sentenzioso nel parlare dando anche disposizioni affinché si curasse la parola riducendola alla essenzialità. Così come pensava che il seme degli uomini intemperanti nei rapporti sessuali è per lo più infecondo e sterile, così l'intemperanza nel parlare rende la parola vana ed insensata. Tale per esempio la sua risposta a chi gli domandava di instaurare la democrazia nella città: “Instaura tu per primo la democrazia in casa tua! “; oppure a chi gli domandava perché avesse prescritto i sacrifici agli dèi poco costosi e molto modesti rispose: “Perché non cessiamo mai di onorare gli dei”. Si abituavano a non parlare mai avventatamente e a non pronunciare parole che non avessero in qualche modo un significato meritevole di riflessione. Il carattere dei loro motti era tale che dicevano che "far lo spartano" è praticare la sapienza piuttosto che la ginnastica.
Anche l'educazione nel canto e nella musica era curata così come nelle danze e nella poesia (fece conoscere Omero). Nelle battaglie il re prima del combattimento sacrificava qualcosa alle muse. Gli spartani diedero miglior prova di sé stessi in guerra quando si trattava di affrontare la morte. Plutarco ci descrive questa scena grandiosa: “Quando il loro esercito era schierato al cospetto dei nemici, il re immolava la capra di rito, ordinava a tutti di incoronarsi e comandava ai flautisti di suonare un ritmo a Castore. Contemporaneamente egli intonava il peana di marcia. Lo spettacolo era assieme terrificante e solenne perché gli spartani avanzavano a passo cadenzato al suono dei flauti, senza lasciare intervalli nello schieramento né provare turbamento negli animi, ma la musica li conduceva al combattimento con calma e gioia”. Quando non si trovavano in guerra, danze, feste, banchetti, partite di caccia, esercizi ginnici e riunioni impegnavano tutto il loro tempo. Come addolcimento alla durezza della vita, Licurgo introdusse opportunamente nei simposi e nelle riunioni lo scherzo bonario; eresse anche una statuetta al Riso. Insomma, nessun momento della vita era lasciato inutile ed inattivo; a tutte le necessità dell'esistenza, Licurgo associava qualche incitamento alla virtù o riprovazione del vizio e riempiva la città di una moltitudine di esempi così che vedendoli e crescendo in mezzo ad essi, tutti gli spartani erano necessariamente guidati e conformati alla virtù.
Consolidate le innovazioni più importanti, la città di Sparta ormai era diventata esempio vivente della costituzione deliberata da Licurgo. Riuniti tutti i cittadini in assemblea, chiese la promessa di non modificare nulla finché egli non fosse ritornato da Delfi ove aveva intenzione di recarsi per chiedere all'oracolo se le sue leggi erano buone ed efficaci per la prosperità e la virtù della città. Ricevuto il consenso dall'oracolo, per il bene di Sparta, non tornò più indietro, lasciando così intatto il giuramento dei suoi concittadini, ed essendo giunto ormai da una certa età andò incontro alla morte lasciandosi morire di fame. Aristocrate, figlio di Ipparco, dice che dopo la morte di Licurgo a Creta il suo corpo venne bruciato e le sue ceneri disperse in mare, secondo la sua volontà, dato che voleva che i suoi resti non fossero riportati a Sparta per evitare che i concittadini modificassero la sua costituzione col pretesto che era tornato ed i giuramenti potevano così essere sciolti.
Sparta primeggiò nella Grecia per il buon governo istituito da Licurgo che continuò ad essere mantenuto per oltre 500 anni da tutti i 14 re che lo seguirono. Gli spartani non infondevano solo l'obbedienza agli altri popoli ma anche il desiderio di essere comandati e di obbedire ad essi. Questi non chiedevano a Sparta né navi, né denaro ma uno spartano che li guidasse. Licurgo non lasciò dunque ne scritti ne parole, ma diede alla luce nella realtà un sistema politico inimitabile, una città intera che praticava l'amore per la saggezza.
Luciano Silva
Bibliografia
Plutarco, "Vita di Licurgo", in "Vite Parallele", Mondadori, 1974
NOTA:
L'indice completo dei vari capitoli, ciascuno dedicato agli esercizi spirituali e alla vita dei vari filosofi, lo trovi qui (con il link diretto al capitolo pubblicato nel presente sito). Tutti i diritti sono riservati.
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