

Allevatori di renne nel mio cuore - di Sas Carey
Racconti di vita e di tamburi tra i Dukha, il popolo delle renne
27/03/2015
Questo articolo è stato pubblicato dalla rivista Sacred Hoop, Issue 86-2015. Traduzione italiana a cura dell'Associazione Culturale Il Cerchio Sciamanico
Il mio sogno era sempre stato quello di incontrare un autentico sciamano che potesse insegnarmi come entrare in contatto con l'ignoto ed ora mi trovavo finalmente in un luogo in cui ciò avrebbe potuto essere possibile. Battulga mi portò da Sanjaa, nipote di Soyan, uno sciamano di 100 anni che viveva nella Taiga Occidentale, che mi disse che le impronte dei piedi portano la vibrazione individuale di una persona, che viene riconosciuta dagli spiriti e che le rocce trasmettono le energie della Terra. Poi si girò verso di me e chiese: "Chi è questo Gesù? Avete il vostro dio nella vostra casa? Chi è più importante - Gesù o Buddha?"
Quando la nostra conversazione finì, mi accompagnò da Punsil, una donna anziana che, dopo aver agitato il suo sonaglio scacciapensieri, mi disse "Il tuo lavoro sarà ben fatto e sarà di successo". Appeso ad un palo nella sua "urts" (1) (yurta) una tenda tipo tepee, c'era il suo altare che era costituito da "khadags" ossia dei pezzi di stoffa e strisce di materiali color bianco, blu e verde. Punsil rovistò tra le strisce di tessuto e tirò fuori due artigli d'aquila da mostrarci.
Però né Sanjaa né Punsil praticavano lo sciamanesimo.
Forse l'incontro con loro era il mio primo test, perché poi ci preparammo ad andare da Tsend, la figlia di Soyan. Tsend, una donna di 68 anni che era cieca per via delle cataratte ed era una sciamana praticante.
Tsend ci accolse nella sua urts con un tè al latte di renna e sollevò una tenda gialla per rivelarci il suo altare di khadags blu e di strisce di tessuto. Le strisce di tessuto rappresentavano le divinità, gli spiriti degli antenati. Seduta a terra, Tsend rovistò dietro agli ampi nastri di stoffa e tirò fuori un tamburo del tipo di quelli che si suonano solo da un lato e con un diametro di circa 15 cm. Il cerchio del tamburo aveva nove gruppetti, ciascuno da tre dossi o nocche, sotto la pelle. Sulle pareti interne del tamburo, Tsend ci fece notare i "khunkhinguur" (coni tintinnanti), che sono pezzetti di metallo che sbattevano l'uno contro l'altro in modo che quando si suonava il tamburo, fosse vivente. Tsend praticò po' di affumicazione con un rametto di ginepro fumante per purificare, accettò una piccola "tugrik" (moneta della Mongolia) offerta da noi ed indossò la sua maschera per coprire il capo. Si trattava di una fascia color blu scuro con ricamati su di essa delle sopracciglia bianche, un naso e delle labbra. C'erano delle piume d'aquila in cima al copricapo e sul suo viso pendeva una frangia blu, bianca e turchese.
Quando se la tolse, cominciò ad aprire un involucro imbottito di pelle di renna, per poi estrarne il battente del suo tamburo. La bacchetta era coperta con pelle di pelliccia bianca proveniente dalla coda di una pecora selvatica ed aveva collegata una striscia di anelli di metallo che tintinnavano quando si muoveva il battente.
Stivali morbidi spuntavano dalla borsa – fatti di pelliccia, di seta, di striscette di tessuto e da un materiale tipo velluto a coste marrone chiaro. Il "deel" (2) , un costume di cotone, con ricamati la colonna vertebrale, i muscoli, le costole ed il seno, era decorato con striscette e cordini di seta o cordoni di fili di vari colori chiamati "manjin" che rappresentavano fruste o serpenti. Sulle spalle c'erano piume che rappresentavano le ali per volare via.
Tsend ci raccontò che la prima volta che indossò il suo costume era giovane e stava così male che stava quasi per morire. Sua madre le disse di indossare il costume che era stato fatto per lei e di cominciare ad esercitare la professione di sciamano. Non appena ebbe iniziato, iniziò a sentirsi meglio. Tsend era generosa poiché condivise i suoi oggetti sciamanici sacri, ci raccontò la sua storia e ci spiegò come le cerimonie dovessero corrispondere alle fasi lunari. Ero grata a Tsend. Lei fu la prima sciamana a condividere con me queste informazioni.
Dopo essere usciti dalla urts di Tsend, Tsogkhuu, uno di coloro che ci ospitava e che stava cavalcando una sua renna verso casa, scese e mi offrì di provare a stare seduta su di lei. Non appena i grandi palchi di corna mi sfiorarono la faccia, vidi la bellezza della loro vita, il paesaggio, la semplicità e l'interazione tra le persone che qui trascorrevano il loro tempo passando da una urts all'altra bevendo il tè al latte, frequentandosi e parlando.
"Tornerai?", mi chiese una delle donne della Taiga occidentale che avevamo incontrato, visto che ci stavamo preparando a partire. "Nessun dottore qui avrebbe parlato con noi in modo tanto personale. Siamo molto interessati a te e non vogliamo lasciarti andare. Potremmo trovarti un marito qui nella taiga?" Sorrisi.
Consegnai a Zorig il mio deel appena fatto. Lui poteva usarlo tutto l'anno ed era così spesso che io non avrei potuto indossarlo. Ne avrei ricevuto un altro fatto ad Ulaanbaatar in un'altra occasione. Di notte, sulla strada di ritorno verso Ulaanbaatar, avvistammo un lupo che scappava via dal furgone. "Ora avremo buona fortuna", disse il nostro autista. Da parte mia avevo già avuto la buona sorte di visitare la splendida taiga, contattando gli allevatori nomadi di renne ed incontrando una sciamana. Sapevo che sarei tornata alla taiga l'anno successivo.
L'INIZIO DI UNO SCIAMANO
Dal momento in cui uscirono il libro ed il film "The Horse Boy," di Rupert Isaacson (3), i turisti intraprendono il viaggio verso la taiga in modo che gli sciamani Dukha guariscano i membri autistici della loro famiglia. Incontrai una famiglia quel giorno. Provenivano dall'Italia, c'erano i genitori, le sorelle ed un fratello affetto da autismo. Mi invitarono ad una cerimonia. Ma non sapevo chi l'avrebbe celebrata. Poi sentii che S.Ganbat, un nuovo sciamano avrebbe tenuto lui la cerimonia. Si era formato sotto la guida di Ganzorig.
S.Ganbat, con il suo ampio sorriso e gli occhi benevoli, era sempre stato gentile con la mia squadra e con me. La sua famiglia una volta mi diede una roccia sacra che tengo sotto lo schermo del mio computer. Spesso usiamo la sua urts per le sedute di valutazione della salute di qualcuno.
Ganzorig è il fratello di Gosta, lo sciamano che Rupert Isaacson era venuto a conoscere con suo figlio. Ero curiosa di sapere come fosse diventato uno sciamano.
"Quando hai iniziato?" Chiesi a Ganzorig. "Mio padre era uno sciamano famoso che si dovette nascondere durante i giorni proibiti del periodo sovietico. Sono cresciuto in una famiglia di sciamani, ma mai mi sarei aspettato di diventare uno sciamano. Quando avevo 22 anni, avvertii alcuni spiriti. A quel tempo mi lasciavo spesso vagare da solo per le montagne. Sentii cose strane. Io non pensavo di essere uno sciamano, ma mia madre chiese di me ad una indovina e la donna le disse che ero uno sciamano. Quando mio padre morì, mio fratello maggiore Gosta e mia nipote Khanda fecero dei vestiti da sciamano per me. Gosta fu il mio insegnante".
Ganzorig ed io iniziammo a condividere le nostre esperienze. Io gli raccontai che durante la mia pratica, quando sento lo spirito, a volte piango. Lui disse che sente che perde il controllo di se stesso. Gli raccontai che posso sentire sia la mia energia sia quella dello spirito e che non mi arrendo completamente.
Disse che è un bene che si sentano entrambe, che a lui sarebbe piaciuto sentirle e che se ci fosse riuscito, avrebbe avuto un maggiore controllo.
A me non sembra che una modalità sia migliore dell'altra. Penso che siano solo esperienze diverse. "Alcuni sciamani", mi disse, "sono in grado di controllare gli spiriti. Quelli sono i veri sciamani. Devo affrontare gli spiriti con attenzione e con umiltà per convincerli a fare quello che voglio".
Non sono così sicura che un modo sia più giusto di un altro.
Ganzorig raccontò la sua esperienza nel condurre una cerimonia rituale. "Prima invoco gli spiriti. Dopo che sono dentro di me, mi collego con la montagna e con la natura. Questi sono i miei principali spiriti guida. Loro mi conducono da altri spiriti alleati. In generale, non sono conscio di nulla di quello che mi succede fino a che non sia finita la sessione ed io mi sgancio da loro".
LA CERIMONIA DI GANZORIG
Volevo sentire il sole, ma il terreno era troppo umido per distendermi, quindi mi diressi verso il fiume, oltre i ranuncoli d'oro delle montagne dell'Asia e notai un'isola rocciosa. In realtà era un piccolo dosso di ghiaia e di piccoli ciottoli, solo ad un paio di passi attraverso l'acqua gelida. L'isolotto mi era appena sufficiente per sdraiarmi con le ginocchia sollevate. Non avevo mai sentito così caldo qui - stavo indossando una magliettina di cotone leggero. Il sole riversava il suo calore verso il basso ed il fiume scorreva via da me. Sentivo le piccole pietre, un effetto grumoso sotto di me, ma asciutto. Respirai. Chiusi gli occhi. La sera prima, per la prima volta nella taiga, avevo partecipato davvero ad una cerimonia sciamanica! Tutto ciò che era accaduto sembrava un sogno.
Durante il giorno, tutti erano impegnati. Anche Khanda, la nipote di Ganzorig, non era nella sua urts. L'avevo trovata da Ganzorig, c'era anche la figlia maggiore Tegshbayar, mentre cuciva una nuova pelle sul tamburo di Ganzorig. Successivamente misero il tamburo al sole ad asciugare.
Dopo la cena, Khanda fece il pane. Di solito questo veniva fatto durante la mattinata. Stavano accadendo cose insolite. L'energia stava costruendo.
Quando le stelle uscirono circa a mezzanotte, siamo stati invitati nella urts di Ganzorig. L'urts era piena di gente - la nostra squadra, la grande famiglia di Ganzorig ed alcuni provenienti dall'altro insediamento, tra cui l'anziana madre di Dalai, Olzii, che era cieca.
Qualcuno accese un rametto di ginepro dal fuoco della stufa, che riempì la urts di incenso e ripulì lo spazio, il costume, il copricapo e l'altare di strisce di tessuto che rappresentavano gli spiriti alleati. I miei occhi avvertirono del prurito a causa del fumo denso.
Con la vestizione dello sciamano si diede inizio alla cerimonia. Khanda e Tegshbayar slacciarono i bottoni del vestito di Ganzorig. Khanda fece scivolare fuori il suo braccio sinistro e subito Tegshbayar gli fece infilare la manica sinistra del costume. Fu come un'onda morbida, via i vestiti quotidiani e su il costume dello sciamano. Khanda gli tolse gli stivali di feltro pesante e gli fece indossare quelli morbidi di pelle scamosciata marrone. Il costume di Ganzorig era un deel grigio con delle bandierine bianche attaccate alla schiena con dita e costole ricamate sullo stesso. Pezzetti di altri materiali decoravano il deel: i khunkhinguur, delle penne e della seta.
Alla fine Khanda e Tegshbayar tolsero il cappello di maglia di Ganzorig dalla sua testa e gli misero la sua maschera. Nella zona della fronte c'era ricamato un volto ed a partire da lì ricadeva una frangia che nascondeva il suo volto. Delle piume d'aquila decoravano la parte alta.
Quando il suo tamburo gli fu messo tra le mani, cominciò dolcemente, lentamente a suonare il tamburo con il battente di coda di pecora selvatica. Aggiunse un canto sottovoce. Poi il canto ed il drumming diventarono più forti e più frenetici.
Gli spiriti degli antenati entrarono nel corpo di Ganzorig. Gli Antenati richiedevano l'oscurità, del fumo o magari un bicchiere di tè al latte.
Uno dopo l'altro Ganzorig accolse sette antenati - alcuni benevoli, docili e tranquilli, altri impegnativi e dirompenti. Saltò per aria, turbinava in giro - tutto nel piccolo spazio della yurta. I suoi figli si accovacciarono tra di lui e la stufa a legna che era accesa, con le braccia aperte in modo che non cadesse o arrivasse troppo vicino al fuoco mentre era in trance.
L'aria era densa dell'incenso del ginepro. Mi appisolavo e mi svegliavo ogni volta che giungeva un nuovo spirito. Erano le 2:30 del mattino. Sentii gli antenati, uno dopo l'altro. Il tamburo batteva nel mio cuore. Ganzorig era un uccello, un lupo ed uno spirito.
Dopo la metà della notte, rallentò il ritmo, gettò il suo battente sul deel di Olzii e le diede un messaggio, poi ne diede uno anche a ciascuna persona. Provai una sensazione un po' di panico mentre si dirigeva verso di me. Non sapevo cosa aspettarmi, cosa dovessi fare o dire. Osservai mentre tenevo aperta e stesa la gonna del mio deel per prendere il battente.
Avevo bisogno di dire qualcosa, ma cosa? Lui gettò il battente.
Khanda mi suggerì. "Tuguu", ripetei mentre gli riconsegnavo il battente. Mi disse qualcosa. Davaa tradusse.
"L'acqua è molto preziosa. Non inquinarla". Poi rifecero, ma questa volta al contrario, quello che avevano fatto con i suoi vestiti. In primo luogo furono rimossi il copricapo e gli stivali. Il suo deel marrone fu messo di nuovo su di lui, un braccio alla volta. Uscì dalla yurta. Quando ritornò, era Ganzorig. Condividemmo del tè al latte e pane, seduti su pelli di renna attorno alla stufa. Si voltò verso di me e mi chiese: "Andava bene?" Stavo pensando se andasse bene. Ti riferisci a vedere, sentire, odorare, sperimentare una cerimonia sciamanica qui nella taiga? Non solo andava bene, ma era stata la risposta ad un sogno. Quello che avevo desiderato per 12 anni! Solo questo. Ma non ebbi le parole giuste e magari non ce n'erano neanche delle parole giuste, quindi non dissi niente, mi limitai ad annuire.
Mentre stavo sdraiata sulla ghiaia del fiume mi resi conto all'improvviso che devo tornare dagli allevatori ed ebbi un sobbalzo.
UN'ALTRA VISITA, UN ALTRO ANNO
La mia squadra in questa visita era composta da tre amici mongoli, Bayara, Khongoroo e Battulga. Stavamo progettando il viaggio di quest'anno alla taiga, discutendo di quanti cavalli avremmo avuto bisogno, per quanto tempo saremmo stati lì e della condizione attuale dei sentieri.
Di punto in bianco Battulga chiese: "Vuoi comprare un costume da sciamano ed un tamburo, Sas?" "Io?" Risposi con un sussulto ed un dubbio. "No".
Avevo imparato che se sei uno sciamano in Mongolia, sette donne nella tua famiglia preparano il costume per te. E se sei un vero sciamano nella taiga, i tuoi parenti maschi preparano il tamburo per te. Se sei uno sciamano tradizionale significa che hai avuto problemi mentali o episodi di epilessia mentre eri adolescente. Se sei uno sciamano autentico, i tuoi antenati erano sciamani. Io non soddisfacevo nessuna di queste condizioni. Io non ero una sciamana. E siccome non era una sciamana, perché avrei dovuto volere un costume? Tranne ... come Battulga sapeva, avevo cercato di incontrare ed imparare da sciamani per molti anni - dal confine meridionale della Mongolia vicino alla Cina, fino a nord nei pressi di Tuva e Russia - finalmente trovandoli a nord. Lui sapeva che volevo entrare in contatto con l'ignoto che loro conoscono, penetrare i misteri ed imparare come si connettono con gli spiriti.
Non sarei mai stata una sciamana, ma forse avrei potuto imparare di più sperimentando un mio tamburo ed un mio costume. Quando me lo chiese ebbi un sussulto. Forse Battulga sapeva qualcosa che io non sapevo.
Capire lo sciamanesimo, che è stato parte integrante della cultura dei Dukha per generazioni, mi dà un parametro di giudizio più completo del loro mondo. In più, a livello personale, apprezzo la loro pratica, in quanto mi dà la possibilità di approfondire il mio lavoro di guarigione spirituale.
"Ero davanti all'ufficio postale di Ulaanbaatar qualche giorno fa e qualcuno stava vendendo un costume da sciamano ed un tamburo. Ho pensato a te. Ho preso il numero di telefono", proseguì Battulga.
Mi sentii tentata perché i costumi degli sciamani sono uno degli aspetti sorprendenti della loro pratica ed il tamburo ... non volevo che mio figlio, che costruiva egli stesso dei tamburi, magari fosse interessato a vedere il tipo usato dagli sciamani mongoli.
Ma starei stata lì per due mesi e non sapevo in quali spese sarei potuta incorrere. Non potevo permettermi di comprare un costume sciamanico ed un tamburo. Una piccola parte di me ne era ancora alla ricerca, con la voglia di avvicinarsi, con la voglia di entrare in contatto con il mistero. Praticavo già la guarigione spirituale. Sarebbero stati un costume ed un tamburo a farmi avvicinare maggiormente? "No", ripetei. "Perché dovrei volere un costume ed un tamburo? Io non sono una sciamana". Così Battulga lasciò cadere l'argomento.
LA VOCE DEL TAMBURO
Era quel momento durante la notte in cui anche i cavalli erano tranquilli. C'era solo il latrato occasionale di un cane o di un lupo. Nella tenda di Bayara e Battulga era tutto tranquillo. Khongoroo si era addormentato. Non riuscivo a dormire; i miei occhi erano aperti, fissi attraverso l'oscurità.
Poi mi sembrò di aver sentito un suono. Ovattato. Boom, boom, boom, boom. Alzai la testa. Era tutto tranquillo. Poi boom, boom, boom, boom. Forse lo sciamano stava conducendo una cerimonia? Doveva essere così. O forse c'era un nuovo sciamano?
Il tamburo continuò. Più tardi il suono si fermò per un lungo periodo e caddi in un sonno profondo. La mattina dopo uno degli allevatori ci fece visita al pascolo dei cavalli.
"C'è stata una cerimonia ieri sera?" Chiesi.
"No".
"Forse c'era un nuovo sciamano?"
"No".
"Ho sentito suonare il tamburo ieri sera".
"Era nei tuoi sogni?"
"No, ero sveglia".
"Devono essere stati gli antenati che ti accoglievano", disse il pastore.
"Succede, a volte".
Quella notte Saintsetseg, una sciamana passata da poco dal sonaglio al tamburo, condusse una cerimonia. Alla fine, mi guardò e disse: "Hai delle domande?". "Sì", dissi. Quel suono di tamburo misterioso mi ha confuso. Dovrei avere un costume da sciamano?"
Saintsetseg si sedette tranquillamente, fece un controllo con gli spiriti degli antenati che erano ancora in giro. Poi rispose in lingua tuva, il fratello tradusse in mongolo e questo venne poi tradotto in inglese. "Sì, ma se ha su del nero, taglialo via perché assorbirà la negatività".
"Che dici invece di un tamburo?"
"Per il tamburo non c'è nessun problema".
"Ehi, Battulga", dissi la mattina dopo mentre stavamo seduti per terra a mangiare farina d'avena istantanea, "Saintsetseg dice che dovrei ottenere quel costume ed il tamburo".
"Oh, quello? Ho buttato via il numero di telefono prima di partire da Ulaanbaatar".
"Oh, va bene", dissi, praticando il principio buddista del non-attaccamento. Questa, tra tutte le cose, non doveva essere forzata.
Alcuni giorni più tardi, mentre eravamo a Murun per prendere un aereo per tornare ad Ulaanbaatar, Battulga disse: "Ehi, Sas, ho trovato un tamburo". "Non posso comprarlo", dissi subito. Non ho molto denaro che mi resta. Non dovrei comprare un tamburo.
"Bene, io vado a dare un'occhiata", disse Battulga. "Forse non è quello giusto".
Quando se ne andò, mi sdraiai sul letto della foresteria e continuai a ripetere a me stessa, "non voglio comprare il tamburo. Non voglio comprare il tamburo. Non voglio comprare il tamburo".
Mi sentivo attratta da lui. Forse si trattava di un principio per ottenerlo. Sentivo il mio cuore battere. Mi sentivo eccitata. Sentivo il desiderio – questa non sarebbe stata una buona qualità se fossi stata buddista.
Eppure, mi sentivo attratta verso il tamburo, per tenerlo, per portarlo con me, per imparare da lui come un canale per capire i misteri, abbracciandoli, introducendosi al loro interno per quanto possibile. Volevo conoscere i modi con cui gli altri si connettono con lo spirito.
Il telefono squillò, Battulga disse che il tamburo era perfetto. Fatto con pelle di daino femmina di tre anni ed il battente fatto di pelle di coda di pecora selvatica. Era quello giusto.
"Tanto non lo vuoi comprare, giusto"?
"Giusto", dissi deglutendo.
Avendo fatto ricerche durante quegli anni sulle attrezzature sciamaniche, sapevo che tutto ciò che riguardava questo tamburo andava benissimo – la pelle con cui era stato fatto di daino femmina di tre anni, il battente di coda di pecora selvatica. Battulga lo sapeva, anche lui.
Usai la mia carta telefonica a basso consumo per chiamare la mia amica Eleanor in Vermont, che aveva studiato sciamanesimo ed è un mentore per me. Parlai con lei del viaggio e quando finii, le dissi: "Oh, e ci sarebbe un tamburo di uno sciamano che potrei comprare, ma non lo sto facendo". "Non sentirti in colpa se non lo ottieni, ma sentiti in colpa se non lo ottieni". Sapevo che mi aveva dato volutamente un indovinello.
Va bene, pensai, gli darò un occhio. L'amico di Battulga arrivò con il tamburo dentro ad un sacchetto di plastica rinforzata color arancione.
"Colpiscilo", disse dopo che aveva slegato la borsa.
Presi il tamburo con le mani che mi tremavano. Aveva un odore grezzo, di terra. Lo tambureggiai - boom, boom. Boom, boom. Vibrava nel mio cuore.
"No", mi disse, "voglio dire, suonalo forte". Un tuono ... il suono profondo e risonante scosse il mio cuore, la mia anima, la stanza, andando oltre le tante mura - ed il tamburo. Sapevo che era mio. Rimisi via il tamburo di nuovo nella sua borsa e lo posizionai con cautela su un letto vuoto.
Andammo a letto presto perché avevamo un volo la mattina successiva verso Ulaanbaatar. Mi sdraiai sul mio solito lato, mi giravo, mi rigiravo, ma non riuscivo a dormire. Il tamburo stava ancora vibrando.
Anche se facevo un lavoro spirituale, ero anche molto pratica. Non avevo mai dato ad un oggetto inanimato caratteristiche da vivente. Ma il tamburo stava emettendo una potente energia. Mi alzai per spostarlo sul davanzale, lontano da me. Non riuscivo a dormire lo stesso.
All'1:00 del mattino, quando era l'1:00 di pomeriggio in Vermont, chiamai Eleanor.
"L'ho comprato"
"Oh, sì?"
"Ma non possiamo dormire"
"Oh, no. Gli hai dato da mangiare? Ha bisogno di tabacco. Avete un po' di salvia lì? Parlate con lui".
Preparare un rituale per un tamburo era una cosa che mi era nuova, ma era anche vero che era il tamburo di uno sciamano. Bayara donò il tabacco estratto da una sigaretta. Khongoroo donò incenso di ginepro che proveniva dalla taiga. Noi accendemmo l'incenso e camminammo in cerchio attorno al tamburo per tre volte. Dissi, "Per favore, torna a dormire. Per favore stai calmo così posso portarti in Vermont".
Ci addormentammo, ma questo fu solo l'inizio con cui il tamburo rese nota la sua presenza.
IL VIAGGIO CON IL TAMBURO
Dovevamo fare un volo verso Ulaanbaatar l'ultima tappa del nostro viaggio nella taiga. Di mattina stipammo i bagagli in una piccola auto - l'unico taxi a disposizione a quest'ora così presto - e guidammo verso l'aeroporto di Murun.
Il tamburo non aveva un contenitore adeguato, quindi non potevamo controllarlo ed era troppo grande per portarcelo dietro. Fortunatamente, Battulga rimaneva a Murun un po' più a lungo. Disse che poteva tenere il tamburo con sé e quando gli avrebbe fatto un contenitore lo avrebbe portato a Ulaanbaatar durante il suo viaggio una o due settimane dopo. Ero delusa che non si potesse portare con noi il tamburo, ma accettai perché Battulga si sarebbe preso cura di lui.
Due settimane dopo averlo lasciato, Battulga arrivò a Ulaanbaatar portando il tamburo sciamanico dentro ad una cassa di pino quadrata, abbastanza pesante come una bara. Non riuscivo a sollevarla. Non potevo tenerla nella camera di Munkhjin ad Ulaanbaatar dove stavo. Lei mi aveva spiegato che il Buddismo e lo Sciamanesimo non potevano occupare la stessa stanza e lei lì aveva già delle divinità buddiste.
Battulga lo trascinò su per le quattro rampe di scale fino all'appartamento di Khongoroo dove poteva stare. Aprimmo la scatola.
Booom! L'energia del tamburo si liberò, forte, pulsante. Gli demmo da mangiare del tabacco, bruciammo incenso e lo mettemmo in alto su uno scaffale. Avevamo anche ordinato una custodia tipo quelle degli strumenti musicali foderata in velluto con un manico – così che lo si potesse portare negli Stati Uniti.
Battulga non ce le raccontò fin da subito, ma aveva avuto le sue belle avventure con il tamburo.
"Questo tamburo è forte, Sas. L'uomo più anziano con cui mi trovavo non ha mai dormito per i 10 giorni in cui il tamburo è stato al suo posto. Poi ho avuto davvero delle difficoltà a trovare un passaggio per Ulaanbaatar. Quando ne ho finalmente trovato uno, ho messo la scatola nel retro del furgone. L'assistente dell'autista era ubriaco e sollevò la scatola.
"Che cos'è questo?", chiese. "Un tamburo da sciamano", risposi. L'uomo ubriaco lasciò cadere la scatola a terra come se fosse una patata bollente. Non potevo lasciare che qualcuno insultasse il tamburo, così l'ho preso a calci mentre lui gli stava appoggiato sopra. Il mio piede gli fece sputare due dei suoi denti davanti.
Così portai con me la scatola alla stazione di polizia per denunciare quello che avevo fatto. Il poliziotto mi chiese se l'uomo fosse stato ubriaco. Annuii. "Allora non c'è problema", disse il poliziotto, "se lo meritava"".
Dunque, ovviamente, questo non era il Vermont e Battulga non era un pacifista. Il tamburo era vivo e sacro - e le persone interagivano con esso. Avrei dovuto portargli molto rispetto. Poi mi ero messa a pensare a come sarebbe stato quell'episodio se fosse accaduto in Vermont ed a quanto sarebbero costati quei denti, più le cause legali. Lì era come essere nel selvaggio West. Con il tamburo ad Ulaanbaatar, a quel punto dovevamo pensare a come portarlo fuori della Mongolia ed a trasportarlo in Vermont, dal momento che sarei partita dopo una settimana.
In passato, in aeroporto, mi erano già stati confiscati dei manufatti locali ed avevo preso delle multe. Quell'anno mi sembrava che avrebbe potuto essere particolarmente difficile, perché pochi giorni prima alcuni rivoltosi avevano distrutto un'ala del Palazzo Centrale della Cultura ed erano stati rubati, rotti o distrutti molti antichi strumenti, costumi ed oggetti d'arte. Non era una buona settimana per portare manufatti locali fuori dal paese.
Chiamammo la dogana e chiedemmo se si poteva esportare un tamburo di uno sciamano. "No, certo che no", ci dissero. Chiamai Munkhjin, che lavorava per il Ministero dell'Istruzione e della Cultura. Era il suo lavoro ed avrebbe saputo cosa fare. "Ehi Munkhjin, potresti scoprire se c'è un qualunque modo che sia legale che ci permetta di portare un tamburo fuori dalla Mongolia?" Chiesi. Ed era abbastanza sicuro che c'era. In primo luogo bisognava scattare una fotografia della parte anteriore e da un'altra angolazione. In secondo luogo bisognava scrivere per cosa lo si sarebbe usato e che stavi collezionando manufatti locali mongoli. In terzo luogo bisognava dire dove lo si era ottenuto e che era nuovo.
Due giorni prima di partire ricevetti il permesso timbrato ed il tamburo venne fatturato al check-in e caricato nella stiva dell'aereo. Anche se stoccato lì, potevo sentire la vibrazione di energia di quel tamburo mentre attraversavamo il Pacifico.
Alla dogana degli Stati Uniti vi era una domanda sul modulo di immigrazione che chiedeva se si avesse con sé prodotti di origine animale. "Sì", barrai il quadratino.
"Che cosa hai?", chiese l'ufficiale dell'immigrazione.
"Un tamburo".
"Vai alla linea rossa".
Il tamburo passò attraverso il macchinario dei raggi X con tutto il resto ed uscì fuori dall'altro lato ed ora il tamburo ed io eravamo giunti all'ultima parte del viaggio, da Chicago a Burlington, la nostra casa definitiva in Vermont.
Credo che si sentisse ben curato, perché era tranquillo. Sapevo che aveva ancora molto da insegnarmi. Eleanor, la mia amica che mi diede l'indovinello sul perché ottenere il tamburo, mi invitò a portare il tamburo a casa sua per una piccola cerimonia di benvenuto.
Mi sentivo in soggezione nei suoi confronti e non avevo nessuna idea di cosa fare con lui ora che ce l'avevo in Vermont. C'erano delle sue amiche che erano venute in visita ed ognuna dava un'idea di quello che percepiva che il tamburo avesse bisogno: di fiori, di incenso, di tabacco. Qualcuna disse che i miei nipoti avrebbero dovuti essere i primi a suonarlo ed in effetti furono i primi su questo lato del Pacifico.
Alcune settimane dopo la cerimonia di benvenuto del tamburo, un cliente chiamò e chiese una guarigione e pensai che avrebbe potuto essere di grande potere usare il tamburo durante la sua sessione. Si stese sul lettino da massaggio ed iniziai a suonare il tamburo, tenendolo davanti a me dal momento che ero chinata su di lui. Il mio braccio si stancava. Mi sedetti e continuai a battere il tamburo da seduta. Era così pesante. Suonai il più a lungo che potevo, lasciando che il ritmo e la guarigione passassero attraverso di lui. Il mio braccio mi faceva male. Mi fermai.
Il cliente disse che la sua guarigione era incredibile e se ne andò, ma io il giorno successivo non riuscivo a muovermi. Non riuscivo a girare il mio tronco. Mi faceva male ad entrare ed uscire dalla mia auto. Ma nonostante ciò, guidai fin dalla mia terapeuta massaggiatrice. Mi faceva così tanto male che non vedevo l'ora di vederla, di raggiungere il suo studio e trovarla a casa. "Quanto pesa questo tamburo?" Mi chiese mentre stavo sdraiata gemendo sul lettino. "Circa 11 Kg.", dissi; sicuramente solo una cosa così pesante avrebbe potuto causare tanto dolore, ma quando tornai a casa pesai il tamburo. Quando vidi il numero, mi venne da ridere. Neanche 2 kg. Come avevo potuto avere un'idea di peso così lontana dalla realtà? E che cosa aveva reso il mio tronco così tanto dolorante?
Decisi di aspettare un input prima di utilizzare di nuovo il tamburo. Allora forse non mi sarebbe sembrato di un peso di 11 Kg. L'esperienza cambiò la mia visione delle cerimonie sciamaniche. Il modo in cui fanno oscillare in giro i loro tamburi per tre o quattro ore, devono per forza ricevere un aiuto da qualche parte.
I VESTITI DI UNO SCIAMANO
Tornata ad Ulaanbaatar durante un'altra visita, qualcuno diresse l'attenzione ad un cartello appeso ad un muro della città. E disse: "Kit sciamanico su ordinazione". Kit dello sciamano? Sono quelli comuni? Mi avevano detto che probabilmente non era uno "autentico". Avevo notato che c'erano molte discussioni riguardo alla parola "autentico" in relazione agli sciamani ed a tutti coloro che vi appartengono. "Perché non andiamo a parlare con Sukhbat, amico di mio padre?", suggerisse Khongoroo. "Lui è il presidente della Associazione degli Sciamani della Mongolia".
Dalle mie interviste nella taiga, sapevo che c'era qualche domanda su ciò che rende un sciamano realmente autentico. Gli Sciamani della Taiga come Gosta si chiedevano cosa significasse un dottorato di ricerca in sciamanesimo. "Si può studiare e diventare uno sciamano?" Che cosa faceva esattamente l'Associazione degli Sciamani della Mongolia? Stavo prestando attenzione a quest'argomento durante l'intervista che avevamo finalmente avuto con il direttore Sukhbat.
"Sei uno sciamano?", mi chiese dopo che avevo acquistato un aman khuur (un sonaglio scacciapensieri da sciamano).
"No", risposi.
"Perché no?"
"Non è nella mia cultura. Io sono di origine europea."
"Ci sono sciamani in tutto il mondo. Conosco sciamani svedesi, francesi e spagnoli. È la religione più fondamentale, la prima religione."
"Bene, ho un tamburo ... "
"Ascolta. C'è una donna ad Ulaanbaatar che fa costumi da sciamano. E' una sciamana lei stessa." Mi scrisse il suo numero su un foglietto di carta. Sulla strada fuori dal suo ufficio, componemmo il numero.
"Qual è la vostra tradizione sciamanica?" La donna volle sapere.
Non avevo idea di cosa rispondere. "Sono familiare con lo sciamanesimo praticato nella taiga. I miei antenati sono europei." Era una risposta?
Quando lei citò un prezzo, era troppo elevato e dico:
"No. Non importa".
Alcuni minuti dopo, ci richiamò lei e chiese se avessi bisogno di tutto. Non sapevo che cosa comportasse “tutto”. Non avevo bisogno di un tamburo. Avevo bisogno del costume e della maschera copricapo. "Con il copricapo il costo sarà maggiore", disse e citò la metà del prezzo originale. Ci invitò per il giorno successivo in modo da potermi prendere le misure.
Il giorno dopo prendemmo un taxi alla volta di un distretto periferico di Ulaanbaatar e dovevamo telefonarle una volta giunti là. Dopo avere aspettato sulla strada per 20 minuti, una piccola donna con un volto dai lineamenti profondamente lineari ed una sigaretta nella mano ci fece dei gesti. La seguimmo in un negozio dove c'erano cumuli di materiale scuro sui tavoli. Non vedevo nulla che assomigliasse ad un costume da sciamano.
Ci condusse nella parte posteriore, oltre una lavatrice in un piccolo corridoio buio. Mi ci volle un minuto prima che i miei occhi si abituassero. Sopra ad un letto c'era un altare ed accanto ad esso un costume da sciamano, appeso con il copricapo attorno al deel. "Non toccatelo!", ci avvertì prima ancora che ci avvicinassimo.
Le diedi un'occhiata, era magra, il viso tirato e la sigaretta in mano. Questa non era una persona sana - né sana, né felice. Avevo bisogno di stare attenta. Avevo pensieri contraddittori. Questa avrebbe potuto fare un incantesimo malvagio - lo sapevo ... non che avessi paura di un incantesimo ... sapevo come tenerla nella Luce.
"Ora, che tipo di costume vuoi? Oh, sei una principiante. Hai bisogno di un costume vuoto, "in bianco". Gli spiriti ti diranno ciò di cui hai bisogno quando li chiamerai. Blu. Il blu è un buon colore. Vai dagli spiriti umilmente. Togliti gli anelli e gli orecchini. Hai bisogno di pantaloni. Il verde è buono. Una camicia. Bianca. Da indossare sotto al deel blu. Sì. Vuoi un copricapo?". Annuii. "Costerà di più", ripeté. Tornammo al suo magazzino dei materiali e lei si sedette ad una macchina da cucire con la sigaretta che pendeva dalle sue labbra. Tirò fuori alcuni "manjin" (i serpenti di stoffa che pendono da un costume).
"Avrai bisogno di un manjin. Non si può fare una cerimonia senza frusta".
"Non voglio nero e rosso".
"Che ne dici di blu e rosso e bianco? Hai bisogno di rosso".
"Va bene".
"Questo è in più. Hai bisogno di un astuccio di legno a forma di cavallo per il tuo aman khuur?"
"Sì".
"Vedrò se riesco a trovare l'uomo che li scolpisce. Ma forse sarà difficile trovarlo stasera".
Era lunedì. Partivo per gli Stati Uniti mercoledì, quindi le chiesi se potesse finirlo entro il giorno dopo.
"Sì, certo".
I mongoli amano le sfide dell'ultimo minuto.
Martedì pomeriggio prendemmo un taxi per andare al suo negozio. Gli articoli erano ordinatamente piegati accanto alla sua macchina da cucire. Un deel blu royal, una camicia bianca, dei pantaloni verde scuro, e la cosa più sorprendente e più bella di tutte, un copricapo con un volto ricamato sopra!
La donna seguiva i miei occhi.
"Quella è la tua faccia!"
Quando la guardai, non vidi gli occhi oblunghi asiatici, ma i miei propri occhi occidentali.
"Magari potresti darmi un piccolo regalo extra per questi? Mi ci è voluto molto tempo".
Indossai tutto. Il deel era il più comodo che avessi mai indossato. I pantaloni avevano una fascia elastica e si indossavano facilmente. Ma la camicia bianca era troppo piccola. "Oh, sembri molto più piccola di quello che sei! Va bene, la farò di una, vediamo, due taglie più grandi. Posso averla pronta entro domani.
"La mattina seguente andammo a prendere il costume. Doveva essere rimasta in piedi tutta la notte a cucire. La camicia era pronta ed ora si indossava perfettamente. Eravamo di fretta e non facevamo in tempo a recuperare un astuccio scolpito a forma di cavallo per l' aman khuur.
Un costume richiedeva anche degli stivali, così sembrava che sarei ritornata anche l'anno successivo.
Il mio nuovo costume venne con me in aereo attraverso il Pacifico e sopra il Polo Nord senza problemi ed è ora in Vermont, a riposo dentro il mio tamburo. E' morbido e perfetto – ed è vuoto, "in bianco".
LA BENEDIZIONE PER RENDERE LE COSE VIVE
Gli accessori sciamanici vennero a me un po' alla volta. La custodia che mi serviva per il mio aman khuur era un cavallo di legno intagliato, che sarebbe diventato "animato", il che significa che avrebbe avuto vita.
La parola per il potere spirituale personale è khiimor (composto dalle parole vento e cavallo).
Il "Vento" in questa connotazione è simile alla parola cinese "CHI" per l'energia.
Tornata in Mongolia, cavalcammo fino all'insediamento più settentrionale degli allevatori di renne Dukha, chiamato Orton. Alcuni si riferiscono ad esso come "il lontano campo della Taiga orientale".
Battulga disse che qui c'era un pastore chiamato Orchirbat che era il migliore ad intagliare un astuccio per il mio aman khuur. Era un uomo alto, magro, timido, pastore di renne e quando glielo chiesi, si disse disposto a farlo. Mi tornò la parola quando stava per iniziare. Volevo guardare? Naturalmente.
Mi schiarii la gola per annunciare la mia presenza, sollevai il lembo della porta e camminai all'interno. Orchirbat stava seduto sul pavimento con un blocco di legno circa da 10 cm x 15 cm x 2,5 cm e disegnava la forma di un cavallo con una matita. Mentre guardavo, lui lentamente scolpiva, a poco a poco, scavando il larice morbido.
I suoi figli stavano lì in giro ridacchiando assieme ai loro amici e mi rivolgevano domande in mongolo ed io cercavo di rispondere a mia volta in mongolo. Volevano conoscere l'alfabeto in inglese, poi parole come - casa, amico, stufa, padre, madre e terra.
Ridacchiavano un po' di più quando ciascuno provava a ripetere. Avrei voluto stare seduta accanto a loro per sempre. Dopo un giorno Orchibat finì il cavallo, bello da guardare con orgoglio. Aveva una rientranza sul dorso che era la forma del mio aman khuur ed una base liscia che era la dimensione giusta per tenerlo in mano. Mi chiese se avessi una khadag, una era legata sulla base ed avvolgeva il cavallo tutto attorno.
Battulga disse: "Sas, hai ancora bisogno degli stivali per completare il tuo costume da sciamano. La persona migliore per farli si trova in questo insediamento - La moglie di Orchibat, Munkhtsetseg, figlia della sciamana Tsend".
Mi attrezzai per gli stivali. Il giorno dopo, erano pronti - fatti di pelle di renna, foderati con cotone bianco. Avevano frange in pelle attorno alla parte alta ed alcune frange sui lati - per il khunkhinguur - coni tintinnati – che dovevano essere aggiunti. Odoravano come una casa della taiga - pelle di renna mescolata con il latte frizzante delle renne, terra e piante medicinali.
Sulla strada di rientro dalla taiga, uscimmo dal furgone in cui faceva molto caldo per andare alla casa di legno dello sciamano Davaajav. Vedendo un lucchetto alla porta capimmo che dentro non c'era nessuno. Il nostro autista andò un po' in giro e ritornò con Davaajav, a torso nudo e con indosso dei grandi occhiali rotondi. Imbarazzato che lo avessimo colto in questo stato, spiegò che quel giorno era il giorno della tosatura delle sue pecore. Aveva appena finito, quindi se gli avessimo dato un minuto, gli sarebbe piaciuto stare con noi.
Avevo incontrato Davaajav l'anno prima quando facemmo una cerimonia per Khongoroo. Quest'anno eravamo tornati con le foto che avevamo fatto a lui ed alla sua famiglia – ed anche per chiedergli aiuto. Quando fu pronto, mi incontrai con lui per chiedergli se avesse potuto animare, o sostenere con khiimor, l'aman khuur e gli stivali di renna per renderli sacri.
Non era una lunga cerimonia e nemmeno era necessario un cambio di vestiti rispetto al deel marrone che aveva indosso in quel momento. Mi sedetti sul pavimento di fronte a lui. Davaajav mi chiese se lo stessi prendendo in giro o se li volessi veramente rendere animati. Gli dissi che era la verità. Lo sciamano legò una corda al mio aman khuur e lo legò al cavallo ed a una khadag blu. Lanciò la khadag sopra alla sua spalla e mi chiese se potesse suonare lo strumento. Io annuii.
"Se stai facendo un trattamento, serviti delle tue labbra, in questo modo. Se stai invocando uno spirito alleato, mettilo contro i denti". Si mise a pregare sull'oggetto, poi lo suonò dolcemente. Poi soffiò nel mio chakra della corona sulla sommità della mia testa. Sembrò come un colpo di vento morbido di energia. Poi mi ripassò l'aman khuur.
"Riguardo agli stivali di renna - hanno bisogno dei khunkhinguur. Te li posso fare. Hai dei khunkhinguur sul tuo costume? Ne avrai bisogno un po' anche da mettere là. Vediamo, penso di avere un po' di tempo per farli domani ed il giorno successivo. Perché non torni tra due giorni? I khunkhinguur tintinnano ogni volta che vengono spostati. Questo significa che sono vivi".
Quando tornammo da Davaajav dopo due giorni, i khunkhinguur erano finiti. Ora avevo tutti gli elementi che uno sciamano della taiga utilizza per una cerimonia – il costume, il tamburo, il battente, lo specchio, i manjin,il copricapo, gli stivali, l'incenso di ginepro ed anche alcuni elementi di cui non so i nomi.
Solo ... Io non sono una sciamana. Attraverso il processo di ottenere gli armamentari sciamanici, imparo ad onorare gli oggetti di ciascuno - il modo in cui, come tutta la natura, sono vivi. Anche se io non sarò mai una sciamana, il mio obiettivo è quello di capire il più possibile in modo da poter condividere questa conoscenza con gli altri.
Lo sciamanesimo rappresenta una sorta di misticismo, un collegamento con l'ignoto che mi fa venire voglia di penetrare al suo interno. Questo per me non è un nuovo sentimento. Ho sempre abbracciato misteri della vita. Connettersi con gli spiriti degli antenati, suonare il tamburo, sentire il flusso di energia che attraversa lo sciamano - che cosa si sente? Che cosa succede? Mi chiedo. Il mio principio guida mi ha portato fino a questo punto.
"Potrei essere una tua studentessa?" Chiesi a Davaajav. Era una questione rischiosa. C'era un'alta probabilità che dicesse di no. "Tornerai il prossimo anno?" "Sì", dissi, credendo che lo avrei fatto.
Disse che era d'accordo.
Gli porsi un'offerta, perché era un grande onore poter essere ammessa come sua allieva. Gli ero davvero molto grata.
Solo un'altra volta ho indossato il mio costume da sciamano ed il copricapo ed ho suonato il tamburo. Quando l'ho fatto, ho cominciato a sentire il pulsare di un'altra dimensione. Non so ancora cosa debba imparare da quella dimensione. Sono in attesa di un input che mi dica quando potrò indossare di nuovo il costume e quale sia il passo successivo.
Il tamburo ora è tranquillo.
NOTE:
(1): Urts, la tradizionale dimora stile Tepee tipica del popolo Tsaatan.
(2): Deel, i tradizionali cappotti lunghi indossati dai mongoli.
(3): Per un articolo di Rupert Isaacson vedere Sacred Hoop Issue 64.
Sas Carey è una infermiera professionale, guaritrice, educatrice, autrice e regista. Dopo il suo primo viaggio in Mongolia nel 1994, ha fondato e dirige ora l'ONG Nomadicare, che supporta la sostenibilità e la sopravvivenza culturale dei popoli nomadi armonizzando la medicina tradizionale e moderna e documentando i modi nomadi di vita, le tradizioni e le canzoni del cuore. Sas ha lavorato come consulente di educazione sanitaria per l'ufficio mongolo del Programma di Sviluppo delle Nazioni Unite ed ha diretto tre film sulla Mongolia: "Gobi women's song", "Taiga Heart Song" (su YouTube), e "Steppe Herbs, Mare's Milk and Jelly Jars: A Journey to Mongolian Medicine".
E' autrice del libro "Reindeer Herders in My Heart"
sas@nomadicare.org
www.nomadicare.org
Nomadicare pubblicherà due film nel 2015. Uno è "Migration" e L'altro è "Ceremony".
I contenuti pubblicati in questa pagina sono protetti dalla normativa vigente in materia di tutela del diritto d'autore, legge 633/1941 e successive modifiche ed integrazioni. È vietata per qualsiasi fine o utilizzo, la riproduzione integrale su internet e su qualsiasi altro supporto cartaceo e/o digitale senza la preventiva autorizzazione. Immagini, grafici e testi, in originale, riprodotti o tradotti, appartengono ai rispettivi proprietari.
Corso di formazione in Costellazioni Familiari Sciamaniche® - Ottobre 2025 - Giugno 2027

4^ Edizione 2025-2027 - Partenza 25 Ottobre 2025.
10 moduli/week end, uno ogni 2 o 3 mesi, per esplorare gli ordini sistemici, trasformare e guarire gli irretimenti e i traumi transgenerazionali, esplorare la nostra relazione tra noi e il mondo. Un percorso di profonda guarigione dell'anima personale e familiare.
Early bird price per iscrizioni entro il 31 Luglio. Chiusura iscrizioni 30 settembre o al raggiungimento del numero massimo di posti disponibili.
I prossimi eventi

Sognare con gli spiriti e con i defunti
5° Modulo Corso su L'arte del Sognare Sciamanico 2024-2025
(10/05/2025 - 11/05/2025)

Costellazioni Familiari Sciamaniche®
I Movimenti di guarigione degli Spiriti - Giornata di costellazioni sciamaniche a tema libero.
(24/05/2025)
Articoli e interviste

L'immaginazione come strumento di percezione - di Luciano Silva
Fortis imaginatio generat casum
(15/04/2025)

Cerca la mano nascosta dietro la sincronicità – di Robert Moss
Articolo tratto dal blog di Robert Moss - 8 Maggio 2019 su gentile concessione. Traduzione Associazione Il Cerchio Sciamanico
(26/03/2025)
Gli Spiriti della Natura - Viaggi sciamanici nel Mondo di Mezzo Vol1. - di Luciano Silva

Gli Spiriti della Natura - Viaggi sciamanici nel Mondo di Mezzo. Volume 1.
Il nuovo libro di Luciano Silva disponibile in libreria e online - Edizioni Crisalide.
Costellazioni Familiari Sciamaniche - Storie dai giardini della preesistenza. di Luciano Silva

In questo spazio si respira un'aria diversa, risplende un'altra luce, regna un amore incondizionato e compassionevole in grado di accogliere tutto e tutti. In esso ci si apre a un nuovo futuro, a un altro futuro. In esso, riprendiamo a vivere la nostra Grande Storia.
Edizioni Crisalide 2016.
News
Iscriviti alla Newsletter
Iscrivendoti riceverai periodicamente, con cadenza mediamente quindicinale, la newsletter dell'Associazione Il Cerchio Sciamanico, con tutte le informazioni necessarie per tenerti sempre aggiornato su attività ed eventi in programma.
Iscriviti qui >